Italy
2021
La Via dell’Industria e della Tecnica
Fuori dai tradizionali circuiti turistici, c’è una Repubblica Ceca tutta da scoprire, fatta di sudore, ingegno, tradizione, avventura e orgoglio. Itinerari poco noti e insoliti, conducono là dove le tracce della Cechia operosa parlano di lavoro, fatica, antiche usanze e nuove sperimentazioni, intuizioni brillanti e vere e proprie rivoluzioni fatte senza armi ma con menti illuminate e lungimiranti.
In un Paese dai mille volti e dalle infinite risorse, archeologia industriale non può significare solo fabbriche, stabilimenti e ciminiere; i monumenti tecnologici non possono essere solo centrali elettriche e gasometri. Nei secoli, la cooperazione vincente tra braccia e cervello ha lasciato sul suolo ceco testimonianze uniche di come l’uomo abbia saputo sfruttare, sfidare, valorizzare, trasformare e difendere la sua terra. Dai canali d’irrigazione ai viadotti ferroviari, dalle torri panoramiche alle miniere, dai forti di guerra ai mulini, dall’artigianato all’industria, tutto in Repubblica Ceca è motivo di ammirazione. E di turismo. Un turismo impegnato (ma non troppo, a misura anche di bambino) alla scoperta di come si faceva, come si viveva, come si risolveva, come si viaggiava, come si lavorava, come si costruiva, come si combatteva in passato, fino a gettare uno sguardo sul futuro con siti all’avanguardia e installazioni avveniristiche.
 
Sono oltre 400 i monumenti tecnologici, industriali ed etnografici (dal museo rurale all’aperto al sito minerario, dal birrificio artigianale all’opificio) censiti in Repubblica Ceca e numerosi anche i percorsi turistici a tema tracciati e ben segnalati.
 

SOPRA (E SOTTO) IL TETTO DEL MONDO

Dove non ha provveduto Madre Natura, ci ha messo lo zampino (o meglio, la torre) l’uomo. Per esigenze difensive, per sfide architettoniche o semplicemente per aspirazioni panoramiche, l’intervento umano nei secoli ha cosparso il suolo ceco di torri, torrette, torrioni e monumenti svettanti che oggi sono mete ambite dai turisti di… larghe vedute.

Le torri d’osservazione hanno cominciato a spuntare sul suolo ceco sul finire del diciottesimo secolo e ancora oggi la moda di costruirle –da quelle classiche in muratura fino alle più moderne in acciaio, passando per strutture interamente in legno- non si è spenta. Alcune sono davvero imperdibili e non solo per via del panorama che regalano, ma per la loro storia, per le caratteristiche architettoniche e per gli aneddoti che le riguardano.

La più antica di tutte è il minareto orientaleggiante fatto costruire dalla famiglia Lichtenstein nel Parco del Castello di Lednice, nella Moravia meridionale, a cavallo tra il 1700 e il 1800. Costruita su progetto dell’architetto Hardtmuth, la snella torre in stile moresco con i suoi 60 metri di altezza è addirittura la costruzione più alta nel suo genere in un Paese non islamico. Di poco successiva è la torre d’osservazione di Klet, non lontano da Cesky Krumlov nel Sud della Boemia, costruita nel 1825 con forti richiami gotici. Dalla sua cima si ammirano Ceske Budejovice, lo specchio del lago Lipno Dam e, con condizioni meteorologiche favorevoli, persino le Alpi. La torre di Decinsky Sneznik, nella regione di Usti (Boemia settentrionale), culmina con una piattaforma aperta cui si giunge grazie a 153 scalini. Costruita nel 1864, fu inizialmente pensata per misurazioni geografiche ma la vista sulla cosiddetta Svizzera Ceca risultò talmente sbalorditiva da farne decidere ben presto l’apertura al pubblico.

Non tutti sanno, poi, che anche Praga può sfoggiare la sua “Torre Eiffel”. La palese somiglianza tra la torre panoramica in ferro che svetta sulla collina di Petrin e il monumento-simbolo di Parigi non è casuale: i suoi costruttori si ispirarono all’opera di Eiffel durante la visita all’Esposizione Universale nella capitale francese. Cinque volte più piccola della sua “musa”, la torre di Praga fu realizzata in soli quattro mesi, nel 1891. Sempre a Praga, sempre più in alto. Basta salire, con l’ascensore, sulla torre per ricetrasmissioni televisive di Zizkov da cui l’occhio, quando il cielo è terso, spazia fino a 100 chilometri di distanza.

Poi ci sono le stazioni meteorologiche, come quella di Milesovka, sulla montagna più ventosa di tutto il suolo ceco, nella Boemia centrale. La stazione funziona da oltre un secolo e la torre panoramica da ancora più tempo. E’ sempre aperta, ma solo se le condizioni climatiche consentono l’ascesa. In quel caso l’occhio “catturerà” tutto il meglio della Repubblica Ceca, dai Monti dei Giganti (Krkonose) ai Monti Jizera, da Praga fino, con un po’ di fortuna, alle Alpi, che si stagliano lontane all’orizzonte, ben 350 chilometri più in là. E poi c’è il “fenomeno” Jested, costruzione tra le più giovani ma già fregiata del titolo di monumento nazionale. La sua candida struttura a cono rovesciato sormontato da un lungo sperone metallico è davvero inconfondibile e pare sorgere come per incanto dalla verde distesa del Monte Jested, nella Boemia settentrionale. Il trasmettitore, disegnato dall’architetto Karel Hubacek e vincitore del prestigioso premio Perret nel 1969, ricorda un missile spaziale pronto per il decollo eppure non stride con il paesaggio che lo circonda. L’insolita struttura conica racchiude in sé torre panoramica, ristorante, albergo e centro di radiocomunicazioni.

Per non parlare delle tante torri ceche che, non troppo alte, se non eccellono in fatto di belvedere, restano comunque un bel vedere. Il panorama non sarà vastissimo ma ognuna di loro è un piccolo fenomeno di architettura. Unico nella forma, nei materiali, nello stile. Tra le tante citiamo per esempio la torre cilindrica in pietra di Jedlova (23 metri), in Boemia orientale, quella in legno come avvolta su se stessa di Boruvka (18,5 metri), al confine boemo-moravo, quella esagonale di Hylacka (18 metri) in pietra, legno e scandole, o quella in granito intitolata a Bismarck (34 metri) sulla collina di Haj, nei pressi di As, nella regione di Karlovy Vary. 
 
Alti e bassi di una vacanza sempre al top. In Repubblica Ceca, terra meravigliosa di seducenti contrasti, anche questo è possibile. Dopo aver sfiorato il cielo, tutti giù per terra. Anzi, sotto terra. Un itinerario sulle orme dell’operosità umana conduce anche nel ventre della Cechia. Da esplorare senza paura, ma con qualche brivido dovuto se non altro alla temperatura, all’interno di miniere dismesse, tra le pareti di profonde grotte, nell’abbraccio umido di buie spelonche, lungo cunicoli segreti, tra i resti di città scomparse, nell’inganno di antichi labirinti…

Un tuffo nelle viscere della terra ma anche nella sua storia, è possibile nei siti minerari di Pribram e Ostrava, oggi musei didattici che testimoniano il lavoro duro in miniera e il destino di questi luoghi, e del Paese intero, legato all’estrazione del carbone. I percorsi turistici conducono oggi in totale sicurezza sulle orme dei minatori e nel cuore spesso impietoso della montagna. In particolare il Landek Park di Ostrava è il più grande museo minerario del Paese. Dal 1992 il colle su cui sorge è monumento naturale nazionale, per il pregio dal punto di vista geologico, archeologico, geografico e minerario. Il museo minerario offre una panoramica sul lavoro dei minatori e sul tema della sicurezza in miniera e comprende un tour tra i cunicoli sotterranei, che si raggiungono calandosi con una gabbia-ascensore.

A Pribram invece si estraevano oro, argento e uranio. Il museo minerario è allestito nelle miniere originali. Si visitano anche i pozzi sotterranei, a bordo del trenino dei minatori che collega le diverse miniere. Tra i vanti tecnici del sito oggi in mostra, una ruota idraulica, due estrattrici a vapore, una torre d’estrazione del 1879 e una casa mineraria del ‘600. Di grande impatto turistico anche la cosiddetta Valle delle Miniere Perdute, nei pressi di Zlate Hory, nelle montagne Opawskie, nel distretto di Jesenik. L’antico villaggio di minatori è stato oggi riportato all’antica vocazione grazie all’istituzione nel 2001 di un museo all’aperto con ricostruzioni, allestimenti, esposizioni, mulini auriferi, antiche gallerie ma anche iniziative a tema, come per esempio, il campionato per cercatori d’oro che ogni anno richiama un grande pubblico.

A Sud di Ostrava, c’è il complesso di Dolni Vitkovice, costituito da tre siti tutti risalenti alla prima metà del XIX secolo e tra loro collegati: la Miniera Hlubina, la cokeria e la fabbrica delle acciaierie di Vitkovice con gli altiforni. Qui è quindi rappresentato l’intero processo produttivo: l’estrazione del carbone, la trasformazione in coke fino al prodotto finale, cioè il ferro grezzo. Un percorso ad anello di circa un chilometro attraversa questo museo a cielo aperto, al centro di un ambizioso progetto di sviluppo che prevede persino la costruzione di un centro universitario e di ricerca.

 
NON SOLO MINIERE. SORPRESE SOTTOTERRA

Tanta è la bellezza della Praga “ufficiale” che pochi si prendono il disturbo di scoprire che sotto la capitale si nasconde un’altra città, affascinante e misteriosa. Praga sotterranea si scopre attraverso quattro diversi tour, che conducono lungo i cunicoli utilizzati per l’approvvigionamento elettrico della città e svelano il suo volto tecnologico ma anche segreto.

E una rete fitta di cunicoli, scavati fin dal XIV secolo per fornire agli abitanti una via di fuga in caso di assedio, corre anche sotto Pilsen. Oggi trasformati per lo più in cantine, si dipanano su ben tre livelli. Il labirinto sotterraneo più lungo e articolato di tutto il Paese però è quello di Znojmo: ben 25 chilometri di spazi attrezzati, nascosti sotto pregiati vigneti. Da non perdere nemmeno i sotterranei di Litomerice, Jihlava e le segrete del Castello di Slavkov.
 

IL FENOMENO ZLIN: CON BAT’A CAMMINARE COMODO E GUARDARE LONTANO

Non sono in molti a saperlo fuori dai confini nazionali, ma tra le celebrità ceche c’è anche Tomas Bat’a, imprenditore. L’apostrofo non confonda: nel logo lo si intravvede appena, ma stiamo proprio parlando del fondatore di uno dei marchi calzaturieri più rinomati nel mondo intero. Nato e morto a Zlin, in Moravia, rispettivamente nel 1876 e nel 1932, il signor Bat’a è il fondatore dell’omonima azienda -tuttora presente sul mercato internazionale- ma la sua è una famiglia di artigiani delle scarpe con ben tre secoli di tradizione alle spalle. Con Tomas si arriva all’ottava generazione e a una svolta memorabile nella produzione calzaturiera ma soprattutto a una vera e propria metamorfosi della sua città, di cui tra l’altro fu sindaco per alcuni anni. Sotto la sua guida furono apportati importanti interventi urbanistici e architettonici, in nome del funzionalismo. Zlin doveva diventare la “città ideale per lavoratori felici”. Tutto doveva essere perfetto e ben concepito. Qui agli operai non doveva mancare nulla: abitazioni confortevoli, cinema, negozi e centri commerciali per le spese, un albergo, un ospedale ecc. Tra i monumenti più significativi, l’edificio amministrativo n°21 all’interno dello stabilimento Bat’a. Tra i primi grattacieli d’Europa, è un chiaro esempio di architettura funzionalista. Alto 77,5 metri per 16 piani, è considerato uno dei capolavori anteguerra. Poteva già vantare aria condizionata, un sistema di consegna posta pneumatico (tramite tubi), ascensori veloci e uno particolarmente ampio, concepito per ospitare niente meno che l’ufficio verticale del responsabile d’azienda, che così poteva viaggiare di piano in piano e supervisionare ogni reparto. 
 

EFFETTO MIMETICO: I FORTI NASCOSTI

Proteggere il territorio e dal territorio farsi proteggere. In Repubblica Ceca è quasi una simbiosi quella tra l’ambiente e le installazioni militari difensive. Retaggio della guerra, forti, trincee e postazioni belliche sono oggi considerate a tutti gli effetti monumenti tecnici cui l’esigenza di mimetismo ha ispirato un’interessante compenetrazione con pareti di roccia, alture e avvallamenti. Nascosti sotto le colline, lungo cunicoli sotterranei o nel folto del bosco, si scoprono siti inaspettati.

Il manto erboso e le chiome degli alberi possono nascondere persino un’intera cittadella fortificata. E’ il caso della Fortezza di Josefov, nei pressi di Jaromer, in Boemia orientale, là dove l’Elba incontra il Metuje, che sotto i bastioni mimetizzati nel verde cela un labirinto di ben 45 chilometri di cunicoli e gallerie sotterranei. Costruita tra il 1780 e 1787 con qualcosa come 500 milioni di mattoni su ordine dell’imperatore Giuseppe II, doveva difendere i confini terrestri dall’espansione prussiana. Il sofisticato sistema difensivo funzionò: non fu mai assediato o preso. A prenderle d’assalto la fortezza, in tempi moderni, sono gli interpreti di musica estrema e metal, protagonisti del fortunato festival “Brutal Assault”, in calendario ogni anno ad agosto. Il percorso visitabile, alla luce delle torce e delle lanterne, si snoda tra casematte, gallerie di tiro, artiglieria, arsenale e varie esposizioni. Sempre dell’epoca austroungarica, i resti nell’area di Hradec Kralove, in Boemia nordorientale, alla confluenza dei fiumi Elba e Orlice.

Altro importante monumento militare è il complesso delle fortificazioni cecoslovacche Hlucin-Darkovicky. Decisamente più recente (1935-1938), vanta addirittura un sistema di ventilazione e di rifornimento idrico e l’allacciamento telefonico. E’ un significativo esempio di quello che era un tempo il sistema difensivo cecoslovacco, una sorta di vallo in cemento armato lungo la frontiera con la Germania, costruito ispirandosi alla linea francese di Maginot. Se ne ha testimonianza anche nelle fortificazioni Opava-Milostovice, risalenti agli Anni ’30 del XX secolo e straordinariamente conservate. Qui tecnici, progettisti, ingegneri edili e soldati hanno dato il meglio per combattere l’aggressione della Germania nazista.

Altra fortificazione cecoslovacca è quella di Satov, servita all’esercito fino al 1999. A Slup u Znojma, sempre in Moravia meridionale, c’è poi il Museo della Fortificazione Cecoslovacca 1938, con ricostruzioni di strutture difensive dell’epoca. Tra gli altri siti visitabili, anche le fortezze d’artiglieria di Hanicka, Dobrosov e Bouda. Quest’ultima è la meglio conservata del suo genere in Repubblica Ceca ed è il miglior esempio di fortificazione prebellica. Recuperata nel 1990 da un gruppo di volontari, oggi offre interessanti percorsi di visita, anche a misura di bambino. Notevole anche la fortezza di batteria di Hurka, alle porte di Kraliky in Moravia, costituita da cinque bunker di massima sicurezza, praticamente impenetrabili, con muri larghi 3 metri e mezzo e attrezzatissimi, dotati persino di una ferrovia a scartamento ridotto interna. Oggi si vedono, tra gli altri, anche la piccola motrice con al seguito i carrelli per il trasporto delle munizioni.

Atmosfere cupe e opprimenti, invece, ma è doveroso non sottrarsi, a Terezin, meglio nota come Teresienstadt, in Boemia settentrionale. Un monumento per riflettere, per non dimenticare. Tra le città fortificate fatte costruire da Maria Teresa in Boemia nel 1780, la fortezza più tardi passò tristemente alla storia per essere stata utilizzata dai nazisti come lager in cui rinchiudere 150.000 ebrei, per lo più giovani e giovanissimi giudei sottratti a forza alle loro famiglie. Al suo interno, oltre ai luoghi drammaticamente veri della crudeltà, anche i memorabilia del Museo del Ghetto.
 

VENTI DI PACE: DI MULINO IN MULINO

A contrastare le immagini di guerra, cosa meglio dell’inquadratura rasserenante di un mulino a vento, che gira imperturbabile le sue pale sullo sfondo di campagne silenti? Alti, bassi, in pietra o legno, solitari o annessi a laboratori e fabbriche, dismessi o ancora in uso, i mulini punteggiano l’intero territorio ceco, custodi del bel tempo che fu. Un tempo in cui quei loro ingranaggi erano avveniristici, grande intuizione tecnica che migliorò il lavoro dell’uomo.

In Moravia, ai piedi dei Carpazi Bianchi, segnaliamo il mulino a vento di Kuzelov: un romantico cono in muratura, in stile olandese, sovrastato da un tetto a scandole su cui sono fissate quattro enormi pale traforate. Del 1842, ha smesso di lavorare solo nel 1946 e oggi è un distaccamento del Museo della Tecnica di Brno. Insieme alle altre adiacenze rurali del sito Hornacko, offre uno spaccato della vita di campagna e dell’agricoltura tra XIX e XX secolo. Ogni anno, poi, presta il suo scenario al tradizionale Festival del Folklore locale. Sempre in Moravia, il mulino a vento con turbina di Ruprechtov, monumento tecnico di alto valore e sotto tutela nazionale. Costruito in mattoni nel 1873, l’edificio cilindrico è sovrastato non da normali pale ma da una ruota-turbina eolica Halladay, fatta venire dall’America e unica in Europa. Oggi il mulino ospita un piccolo albergo ma è visitabile su richiesta. A Rudice, nel Carso moravo, lungo la Via del Ferro, altro mulino a vento di ispirazione olandese trasformato in museo di storia locale, con sezioni anche su mineralogia, attività mineraria e metallurgia. Di matrice non olandese ma tedesca invece il mulino a vento di Choltice, nella regione slesiana di Opava, del 1883 e protetto dalle Belle Arti. La sua ruota è la più grande del genere di tutta la Repubblica Ceca e ha girato fino alla seconda Guerra Mondiale. Gli interni con le attrezzature originali sono perfettamente conservati. Nella stanza della madia sono raccolti attrezzi e utensili per l’industria molitoria e la piallatura. Ancora di tipologia tedesca il mulino di Bravinne, nell’area di Poodri. Ultimo di una serie di mulini che sorgevano nei pressi di Bilovec, l’edificio a pianta rettangolare è ben conservato così come buona parte del sistema di macinazione interno. La ruota eolica ha un diametro di 16 metri.
 

LA FORZA DELL’ACQUA. DA SFRUTTARE

Splendide testimonianze tecniche e storiche anche per quanto riguarda i mulini ad acqua, motori di vere e proprie macchine da produzione. Le notizie certe relative al mulino ad acqua di Pisecna, nei pressi di Zamberk risalgono addirittura al 1596. Nei secoli l’edificio su 4 piani è stato sottoposto a continui ammodernamenti, tanto da custodire oggi pezzi unici come la turbina di Francis (1926) e la miscelatrice di farina con coclea verticale.

Quello di Hoslovice è il mulino ad acqua più antico di Boemia. Unico nel suo genere, secondo alcuni scritti datati 1352 risalirebbe addirittura al Medioevo. E’ però verosimile che la struttura attuale abbia circa quattro secoli. Oltre alla sala macina, ospita l’abitazione del mugnaio. Del complesso, caratterizzato da un tetto in paglia, fanno parte anche il granaio e la stalla.

Anche Praga sfoggia ancora alcuni dei suoi mulini ad acqua: quello della Certovka, ovvero del Canale del Diavolo, e quello trecentesco di Sova (Sovovy mlyni) che ospita oggi il Museo Kampa. Più che un mulino sembra un piccolo castello, una dimora patrizia. E’ il mulino ad acqua di Slup, edificio dalla tipica eleganza rinascimentale che impreziosisce le campagne della Moravia del Sud. Monumento culturale nazionale, si trova a una quindicina di chilometri da Znojmo. Le ruote ad acqua sono ben quattro. Interessanti gli interni in legno, con tutti i macchinari, gli ingranaggi, le macine ecc. Una vera e propria evoluzione tecnologica quella che è toccata al cinquecentesco mulino Pruzkuv, a Straznice in Moravia sudorientale, originariamente alimentato ad acqua, poi a vapore, quindi a cilindri elettrici. Si potrebbe invece considerare un capolavoro di “modernariato” il mulino Jarosuv di Veverska Bityska, dichiarato monumento nazionale in virtù delle sue sofisticate apparecchiature. Qui si scoprono tutti i segreti della molitura e della produzione di diversi tipi di farina. Non solo mulini ma ogni genere di edificio e installazione tecnica alimentate dall’energia idrica si incontrano infine passeggiando lungo la cosiddetta “Valle del mulino ad acqua”, pittoresca sezione del museo all’aperto di Roznov pod Radhostem, nella regione valacca intorno a Zlin.

E dopo i mulini vennero le centrali idroelettriche. Nel 1887 Pisek fu la prima città della Boemia a essere illuminata da lampioni alimentati da una dinamo a vapore. La centrale elettrica sorse in luogo del mulino Podskalky. Inizialmente fu anch’essa alimentata da una ruota ad acqua ma poi nel 1901 si dotò di ben due turbine Francis. Dal 1997 è museo, ma i lampioni sono ancora funzionanti. Da non perdere nemmeno la centrale elettrica a condotte forzate di Dlouhe Strane, nel paradiso montano di Jeseniky, in Moravia. Si tratta di un’opera tecnologica davvero unica e vanta la turbina più grande d’Europa. Il grande invaso è collegato alla centrale sotterranea da due chiuse.

 
CHIARE, DOLCI ACQUE. DA DOMARE

Lungo, dentro e sopra i fiumi ecco che l’uomo ha lasciato ancora una volta la sua firma. Il Canale di Bat’a, in Moravia meridionale, è un’opera idrica imponente. Lungo 53 chilometri, lo si deve ancora una volta al genio di Tomas Bat’a, che lo fece realizzare tra il 1934 e il 1938 per il trasporto del carbone, su chiatte prima trainate dai cavalli e poi dai trattori. In seguito venne utilizzato anche per lo scambio di merci e alimentari e naturalmente per irrigare la campagna. Lungo il percorso -oggi itinerario gettonatissimo dal turismo fluviale, percorribile da maggio a ottobre con canoe, houseboat e barche a motore senza bisogno di patente nautica-, si incontrano 13 chiuse e un cinquantina di ponti, in alcuni casi vere opere d’arte tecnica.

Slpendido, sempre in Moravia, il ponte coperto di Cernvir che scavalca la Suratka. Importante monumento di architettura popolare, risale al 1718 ed è il più antico del suo genere. Realizzato in legno d’acero, per lo più conservatosi fino a oggi, è lungo 32 metri e largo 2,6. Con la sua struttura romantica, sullo stile dei celebri ponti di Madison County tanto per intendersi, e il caratteristico tetto di scandole è monumento-simbolo di questo tipo di ponti, un tempo tipici della Moravia.

E come non pensare alla Moldava, fiume-anima del Paese? Anche qui incontriamo quello che è un vero e proprio monumento d’ingegneria: il Canale di Schwarzenberg. Largo appena 4 metri, corre per 44 chilometri lungo il confine ceco-tedesco e ceco-austriaco e collega il corso della Moldava a quello del Danubio. Costruito tra fine ‘700 e inizio ‘800, porta la firma dell’architetto e ingegnere civile ceco Josef Rosenauer, cui fu commissionato dagli Schwarzenberg per poter rifornire Vienna di legname. A impreziosirne il corso, in parte incanalato in un tunnel, due porte in pietra in stile neogotico e napoleonico.

Finiamo col ricordare i tanti ponti-monumento di cui può vantarsi la Repubblica Ceca, primo fra tutti naturalmente il Ponte Carlo di Praga, ma anche capolavori meno noti eppure altrettanto degni di nota, come per esempio il ponte di pietra di Pisek, in Boemia meridionale, ribattezzato semplicemente “Ponte Vecchio”. Più precisamente il più vecchio del Paese e tra i più antichi d’Europa. Del XIII secolo, il ponte gotico decorato con statue barocche scavalca il fiume Otava con sette arcate e un tempo era chiuso da due porte-torri, andate distrutte.
 

VIAGGIO NEL FUTURO, A TUTTO VAPORE

Oggi sono storia. Suscitano sentimenti nostalgici, ma appaiono decisamente sorpassati. Eppure i treni a vapore alla loro epoca rappresentavano il futuro. Avveniristici quei draghi di metallo che sbuffando nuvole di vapore macinavano chilometri molto più velocemente dei carri, dei cavalli o dei piedi; ma veri capolavori d’ingegneria anche i binari che li conducevano attraverso pianure, calanchi, montagne, sopra strapiombi, fiumi, laghi. Ecco perché quello sulle orme delle ferrovie storiche, a vapore o elettriche che siano, di Cechia è un vero e proprio viaggio nel… futuro. Un viaggio spesso mozzafiato. Come per esempio sopra al viadotto impressionante di Zampach, in Boemia centrale, le cui alte arcate in pietra sembrano sbucare miracolosamente dal folto del bosco. Costruito tra il 1898 e il 1900 da operai italiani, con i suoi quasi 42 metri d’altezza è il ponte in pietra più alto del Paese.

Sullo stesso genere anche il viadotto nei pressi di Sychrov, parte della ferrovia Pardubice-Liberec e alto 32 metri. La sua particolarità sta nella doppia serie di arcate, su due livelli. Il record in lunghezza va invece al ponte ferroviario di Jezernice, nella regione di Olomuc, che con le sue 41 arcate raggiunge i 343 metri. Completato nel 1843, è tra le opere più ambiziose della ferrovia voluta dall’imperatore Ferdinando II per collegare Polonia e Austria. Trenta metri d’altezza, 9 di larghezza e 300 di lunghezza per uno dei ponti ferroviari più grandi d’Europa: il viadotto di Dolny Loucky, lungo la Brno-Havlickuv. Ad arco unico, realizzato in ferro e cemento, è del 1953. Del 1902 la cremagliera che collega Tanvald ad Harrachov, a un soffio dal confine polacco, costruita nell’ambito di un ambizioso progetto che voleva collegare su binari l’impero austroungarico a quello prussiano. Buona parte è oggi di nuovo in funzione e i treni, ben lungi dall’andare in pensione, in estate sono presi d’assalto dai biker e in inverno dagli sciatori. I convogli scivolano per 7 chilometri lungo un itinerario suggestivo per un dislivello di diverse centinaia di metri, tra alte pareti di roccia, strapiombi e i paesaggi splendidi del Parco Nazionale dei Monti dei Giganti.

La storica ferrovia Tabor-Bechyne, a trazione elettrica, funziona oggi solo per rievocazioni e viaggi nostalgici. Costruita all’inizio del XX secolo dall’ingegnere ceco Frantisek Krizik e prima del suo genere a comparire sotto l’impero austroungarico, è tra i vanti storici della Boemia meridionale. L’antica via ferrata boema tra Ceska Kamenice e Kamenicky Senov, la cui costruzione tra le pieghe dei monti iniziò nel 1886, è ormai dismessa ma è stata parzialmente mantenuta in attività come museo ferroviario. Le corse a vapore sono in calendario durante l’estate, nelle feste comandate (Natale, Pasqua ecc.) e in occasioni speciali. In Boemia meridionale, tra gli scorci di laghi e boschi della Vysocina, sbuffa ancora il treno della ferrovia locale, tra Jindrichuv Hradec e Nova Bystrice e tra Jindrichuv Hradec e Obratan, e si spinge fino al confine con l’Austria. Costruita sempre sotto l’impero austroungarico, la ferrovia a scartamento ridotto di Osoblaha (la più vecchia di tutta l’Europa centrale) entrò in servizio il 18 dicembre 1898 tra Tremesna ve Slezsku e appunto Osoblaha, villaggio rurale della Slesia ceca sede di una raffineria di zucchero. Una curiosità: il regolamento dell’epoca concedeva la costruzione di strade ferrate solo oltre i 20 chilometri di lunghezza. I progettisti trovarono allora l’escamotage di inserire numerose curve lungo il percorso: ben 102. La linea è tuttora in funzione, con regolare servizio di trasporto passeggeri su convogli diesel ed elettrici.  
 

MANI D’ORO. DALLE FABBRICHE AI LABORATORI ARTIGIANALI.

Cechia terra di gran lavoratori, artigiani e artisti. Perché è sottile il confine tra mestiere e arte. Esperienza, gesti sapienti, ingegno, creatività e talento si mescolano dietro un banco da lavoro, in fabbrica, dietro agli ingranaggi, in laboratorio, alla fornace, in bottega, all’incudine, in sartoria… e regalano meraviglie. Come il celebre cristallo di Boemia, i gioielli realizzati con ambra, rubini di Boemia o moldaviti, le ceramiche e i merletti di Chod, le marionette di Praga, i presepi animati, i giocattoli in legno, le stoffe stampate, le bamboline di foglie di granturco… Fino naturalmente ai capolavori del gusto, prima fra tutte la buonissima birra artigianale ceca. Famosa in tutto il mondo e musa ispiratrice di molti produttori esteri, in Repubblica Ceca è la bevanda nazionale. E’ qui, nella città boema di Pilsen, che nasce la bionda più celebre e imitata del pianeta, la Pilsner appunto. Genio e maestria dei birraioli cechi, prima ancora che nel bicchiere, si ritrovano proprio nei birrifici storici, che affollano il suolo ceco e che aprendo al pubblico i locali di produzione, spesso ospitati in suggestive cantine, raccontano una storia inebriante. Tra i tanti, quello del castello di Zabreh a Ostrava, nella Moravia-Slesia, e l’Ostravar, dove la prima birra fu spinata nel 1898. O il birrificio-museo Dalesice, del XVII secolo, tra le alture della Vysocina, sugli altipiani moravi. O ancora l’antico birrificio del castello di Chyse, nella regione di Karlovy Vary, ripristinato nel 2007 dopo una pausa di 74 anni. Per non parlare del birrificio Eggenberg, storico marchio di birra prodotta ancora oggi dal lontano 1560 a Cesky Krumlov. E naturalmente, l’imperdibile Pilsner Urquell, al tempo stesso fabbrica, birreria, monumento e museo. Alla Pilsner Urquell le visite guidate al settore produttivo, complete di degustazioni di birra fresca, direttamente dal fermentatore, sono all’ordine del giorno. Il visitatore viene condotto per mano attraverso passato, presente e futuro della birra più famosa del globo. Alla fine del tour interattivo l’intera filiera, dal luppolo alla bottiglia, non avrà più segreti.
 

CERVELLI BRILLANTI. GLI INVENTORI CECHI E LE LORO “TROVATE”.

Nel patrimonio di genialità della Repubblica Ceca non solo edifici, centrali, macchinari, impianti e strutture avveniristiche ma anche nomi e volti. Non solo opere geniali, insomma, ma anche veri e proprio geni. Il Paese può esibire un discreto carnet di inventori e cervelli instancabili, che hanno contribuito a cambiare il mondo. Spesso conosciamo, e utilizziamo, le loro “trovate” –dalla penna retrattile alle zollette di zucchero, dalle lenti a contatto al fornelletto da campeggio- ma ne ignoriamo i nomi. Rimediamo qui, con una piccola carrellata di inventori cechi e dei loro doni all’umanità.
Josef Rosenauer (1735-1804), architetto e ingegnere civile, firmò i progetti di diversi canali, tra cui lo Schwarzenberg Canal.
Alois Senefelder (1771-1834) inventò la litografia, all’origine dell’odierna tecnologia Offset.
Jan Evangelista Purkyne (1787-1869), grande scienziato, condusse numerosi importanti esperimenti in campo medico e fondò le basi della dottrina cellulare. Tra l’altro utilizzò per primo i termini plasma e protoplasma.
Prokop Divis condivide con Benjamin Franklin l’invenzione del parafulmine (1750-1754).
Josef Ressel (1793-1857) lavorò al perfezionamento dell’elica navale e brevettò la posta pneumatica.
Jacub Kristof Rad, imprenditore, ha inventato le zollette di zucchero nel 1841.
Karel Klic (1841-1926) è tra gli inventori della fotoincisione.
Frantisek Krizik (1847-1941) inventò, tra gli altri, i lampioni elettrici.
Jan Jansky (1873-1921) classificò per primo il sangue in quattro gruppi (A, B, AB, O).
Karel Schinzel (1886-1951) è considerato un precursore della fotografia a colori.
Jaroslav Heyrovsky (1890-1967) inventò l’elettrodo a goccia di mercurio e nel 1959 vinse il Nobel per la Chimica.
A Jakub Husnik (1837-1916) si deve la fotolitografia evoluta.
I cugini Frantisek e Vaclav Veverka (1839-1907) svilupparono l’aratro.
A Leopold Svitak (1856-1931) è attribuito il merito di aver progettato la prima automobile ceca, a marchio NW, oggi noto come Tatra. Si trattava del primo veicolo a petrolio dell’Impero austroungarico.
Erich Roucka fu tra gli ingegneri che svilupparono i primi strumenti di misurazione elettrica nel 1911, in un piccolo laboratorio di Blansko.
Otto Wichterle ha inventato le lenti a contatto morbide nel 1961. 
E’ un brevetto ceco(slovacco) anche quello dell’esplosivo al plastico Semtex, in uso all’Armata Rossa.

 
SCIENZA, TECNICA, TECNOLOGIA, ARTIGIANATO: IL GENIO CECO IN MOSTRA.

A laboriosità, creatività, genialità e inventiva del popolo ceco rendono onore e omaggio anche numerosi musei. Ce n’è di tutti i generi e per tutti i gusti. A cominciare dai musei all’aperto, testimoni di come si viveva, lavorava, coltivava in campagna. I più belli, dove rintracciare anche le prime strutture produttive organizzate (mulini, segherie, fucine, tessiture ecc.) sono il Museo di Valacchia a Roznov pod Radhostem, in Moravia settentrionale, con la già citata Valle del Mulino; quello di Straznice, in Moravia meridionale, che offre uno spaccato sulla vita e l’opera dei vinai; quello di Zubrnice in Boemia settentrionale, di cui fa parte anche il museo naturale della ferrovia. A Letohrad, in Boemia orientale, c’è il più grande museo dell’artigianato tradizionale e dei mestieri antichi dell’intera Repubblica Ceca. In un antico granaio del ‘700, le esposizioni fotografano numerosi mestieri di ieri, da quelli piuttosto comuni come il falegname, il fabbro, il sarto, il mugnaio, il panettiere o l’intagliatore, ma anche più specialistici o insoliti come quello del bottaio, del fumista, del mattonaio, del funaio, dell’armaiolo o dello scandolaio. Tra le ricostruzioni, tutte fedelissime, una segheria, un’officina meccanica, una stamperia, un mulino, un’aula scolastica ecc. Da visitare anche il museo tecnico e artigianale di Kolovec, in Boemia. Nelle singole esposizioni sono rappresentate diverse botteghe: macelleria, panificio, pasticceria, calzolaio, tessitura, falegnameria, carrozzeria, barbiere, taverna, orologeria, latteria… C’è anche una caserma dei pompieri. La visita termina nell’atelier di ceramica della famiglia Volf, alla settima generazione.

Alla nascita e allo sviluppo del corpo dei vigili del fuoco è dedicato uno speciale museo a Cechy pod Kosirem, vicino a Olomuc, che punta i riflettori soprattutto sull’aspetto sicurezza. Sempre nell’area anche il Museo del Formaggio Tvaruzky, prelibato prodotto caseario tipico di Olomuc.

Tra i maggiori talenti cechi, l’arte vetraia. Lavoratori, soffiatori, designer si ammirano all’opera nei numerosi laboratori che aprono al pubblico e che offrono anche una panoramica sulla storia e l’evoluzione di quest’arte antica. Tra i tanti: il Museo del Vetro e dell’Oreficieria di Jablonec nad Nisou, il Museo del Vetro di Kamenicky Senov e quello di Novy Bor. A Karlovy Vary, poi, c’è il tempio del cristallo di Boemia: Moser. La storica casa pluripremiata e preferita da pontefici, teste coronate, presidenti e vip, apre non solo le sale del suo Museo del Vetro ma anche i laboratori per la soffiatura. Tra i capolavori artistici della Cechia spiccano poi i presepi. Il Museo di Trebechovice pod Orebem, in Moravia settentrionale, tra gli esemplari più preziosi vanta una Natività animata –il celebre presepe di Probost- vecchia di oltre un secolo e costituita da oltre duemila elementi meccanici. Nel Museo di Jindrichuv Hradec, in Boemia nord-orientale si ammira il capolavoro di Tomas Kryza che con le sue 1400 statuine è entrato nel Guinness dei Primati in quanto presepe meccanico più grande del mondo. A Zabrdi u Husince, in Boemia meridionale, c’è invece il Museo dei Presepi di Carta che raccoglie circa 800 esemplari.

Quanto alla birra, altro capolavoro ceco, oltre ai numerosi birrifici-museo, è da visitare il Museo del Luppolo di Zatec, ospitato in un ex magazzino del luppolo appunto.
Per quanto concerne i mezzi di trasporto ricordiamo il Museo delle ferrovie industriali di Zbysov, quello delle ferrovie a cavalli di Bujanov, quello dei vagoni ferroviari a Studenka, quello delle Ferrovie Ceche a Luzna, la sezione dei trasporti municipali al Museo della Tecnica di Brno e naturalmente quello dell’Aviazione a Kbely non lontano da Praga.